lavoroInnanzitutto sono viva – e poi mi sono laureata, ormai tre settimane fa, e ho preso pure la lode! È stata una grandissima soddisfazione, anche visto tutto il tempo e l’impegno che avevo messo nelle sudatissime carte della tesi. 🙂

Il lunedì successivo alla mia laurea, dopo un weekend di relax sull’Appennino Modenese, ho cominciato a lavorare – o meglio, a tirocinare, nell’ufficio marketing di un’azienda abbastanza grande nel campo del retail. Mi trovo bene, sono contenta e penso di poter imparare molto, visto che il mio manager è uno con le contro-balle e sicuramente anche un grande formatore.

Mi sono stati affidati ben due progetti da seguire: (a) curare il rifacimento del sito web aziendale, e (b) trovare una nuova selling line.

(a) Adesso siamo ancora in una fase iniziale, sto aspettando dei preventivi da alcune web agencies “prescelte” e poi la prossima settimana le incontreremo una per una per parlarne. Il mio lavoro sarà principalmente quello di lavorare insieme a web agency (a quella che sarà eletta) e alla nostra agenzia di comunicazione per poi lanciare il sito ultimato fra 2 mesi. I soldi non ci sono, il tempo neanche… sarò il mastino che tiene a tutti il fiato sul collo, insomma!!!

(b) Qui si tratta di lavorare di fantasia. Devo raccogliere altre selling line di altri retailer, vedere come sono, cosa dicono, come si costruiscono, e poi inventarmene un po’ e proporle al Management. Speriamo che mi venga l’illuminazione!

L’ambiente aziendale, nonostante la tensione e lo stress costanti, è abbastanza giovane e amichevole, ci si dà tranquillamente del tu, e il mercato in cui lavoriamo mi sembra molto interessante. Vedremo, insomma!

tvNelle scorse due settimane abbiamo visto ben tre film (benedetto abbonamento): ecco le nostre recensioni.

Sette Anime: Bello, bello, bello. Triste, triste, triste. Intenso, appassionato, coinvolgente, ma anche altrettando strappa cuore (strappa lacrime in questo caso sarebbe troppo poco): all’accensione delle luci in sala era tutto un tripudio di fazzolettini, soffiate di naso, e rimmel delle signore che colava dappertutto. Bravissimi anche gli attori, Will Smith e Rosario Dawson — personalmente, siamo rimasti piacevolmente colpiti dal fatto che, a contrario di quanto accadeva in Io sono Leggenda, in questo film Smith non fa troppo lo “sborone” per mettere in mostra il fisico. Assolutamente imperdibile.

Australia: un Via col Vento versione redux, sia per la durata (2h 45′), sia per le tematiche trattate: una storiona d’amore forte, interculturale, in un territorio “diverso” e inospitale, con la guerra sullo sfondo, e l’impenetrabilità della cultura aborigena di contorno. Molto bello anche questo film, le quasi tre ore non si sentono nemmeno (tranne qualche rigidità articolare al momento di rialzarsi dalla poltrona) ed è anche molto coinvolgente. Sicuramente le ragazze inclini al romanticismo apprezzeranno! 🙂 Peccato solo che le tematiche legate alla cultura aborigena, come le tanto citate “vie dei canti”, siano solo accennate e non approfondite: ma d’altronde, non era questo il compito del film, credo. Degno di nota anche un Hugh Jackman straordinariamente “gonfio” per chi se lo ricorda in The Prestige, ma che porta molto bene i suoi 45 anni!

Yes, Man: dopo due filmoni così, una commedia ci stava, eh! 😀 Anche se invecchiata, la faccia di gomma di Jim Carrey è capace di risollevare qualsiasi film, e così una commedietta da due risatine diventa un bel film comico svuota pensieri, adatto a una domenica pomeriggio senza pretese. Molto carino anche questo, due risate si fanno sempre volentieri!

lavoroLunedì ho fatto la seconda lezione di Inglese nell’azienda del post-precedente: tutto regolare, solo che è stata più noiosa della prima, visto che abbiamo fatto esercizi di grammatica per “fissare” i concetti di cui avevamo parlato, e per fare emergere nuove “magagne”! 🙂

Ovviamente la grammatica cuoce un po’ di più rispetto a fare conversazione, però ci vuole, insomma, soprattutto a questi livelli intermediate — anche se io sono contraria agli esercizi schematici di grammatica, mi tocca farli fare, ogni tanto…

Nel frattempo, la tesi è praticamente finita. Dico praticamente, e lo dico sempre a bassa voce, perchè la mia relatrice è in possesso della versione “definitiva” proprio in questi giorni, il che vuol dire che ci sarà sicuramente qualcosa da modificare prima che la versione diventi definitiva senza le virgolette intorno!
Il limite per la consegna dell’elaborato in segreteria è il 5 febbraio, con la prof ci rivedremo il 2… insomma, prevedo un paio di giornate di fuoco alla rincorsa degli ultimi miglioramenti!

lavoroPer conto dell’agenzia di traduzioni/interpretariato con la quale ogni tanto collaboro come free-lance, ieri ho tenuto la mia prima lezione di Inglese in un contesto per me nuovissimo: quello aziendale.
Le persone a cui insegno io sono i due proprietari di questa azienda, che si occupa (in senso lato) di turismo, e che vogliono migliorare la loro fluency in modo da poter comunicare in modo corretto con i loro clienti stranieri, che sono la maggior parte.

Il mio compito è quello di finire un corso che era già stato avviato precedentemente, sempre dalla stessa agenzia, ma con un’altra insegnante che non aveva soddisfatto l’azienda, visto il suo approccio tradizionalista e “noioso”. Mi trovo insomma, davanti a due persone che hanno sempre fatto corsi con insegnanti madrelingua inglesi di una certa età, e che vogliono avere ‘na botta de vita! 🙂

La cosa che mi ha lasciato, per dirla con gentilezza, abbastanza allibita è stata il fatto che, dopo 30 ore di corso con quest’altra insegnante di cui io ho preso il posto, queste due persone non sapevano perchè la tabella dei paradigmi dei verbi irregolari è costituta da tre colonne, e a che cosa “servono” queste tre colonne! Allucinante a dir poco, insomma!

Il loro vocabolario è abbastanza buono, anche perchè il lessico è quello che usano nelle loro interazioni quotidiane, e sono abbastanza fluent già di loro. Il problema è che, nonostante questa discreta autonomia di conversazione, sbagliano sempre i tempi verbali perchè non sanno proprio qual è la logica che sta dietro ad ognuno di essi. Della serie, che differenza c’è tra simple past e present perfect?

La lezione è andata bene, e anche se tra fare lezione a un bimbo di 11 anni e farla a un imprenditore di 45 c’è una bella differenza, mi sono resa conto che i meccanismi di apprendimento (associare le parole tra loro perchè fanno rima, pensare a una filastrocca, piuttosto che altri escamotages del genere) sono poi sempre gli stessi, e che l’espressione di soddisfazione che compare sul volto dell’allievo di turno quando capisce quello che gli spieghi… anche quella è sempre uguale, nonostante la differenza d’età!
Una bella soddisfazione, insomma. Io mi sono divertita, e anche loro, e ci rivedremo lunedì prossimo. Nella speranza che dopo queste 10 ore il corso prosegua per altre 40!

Io ho capito molto presto che la vita passa in un baleno guardando gli adulti attorno a me, sempre di fretta, stressati dalle scadenze, così avidi dell’oggi per non pensare al domani… In realtà temiamo il domani solo perchè non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perchè domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l’idea.
Quindi non bisogna affatto dimenticare. Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello né piacevole né allegro. E ripetersi che ciò che conta è adesso: costruire, ora, qualcosa, a ogni costo, con tutte le nostre forze. Avere sempre in testa la casa di riposo per superarsi continuamente e rendere ogni giorno imperituro. Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità.
Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.

[Barbery, M. L’eleganza del Riccio. Edizioni e/o, pp. 123-124]

Buon Natale e Buon Anno, innanzitutto! 😀
Come avete passato queste feste? Io molto bene, sono riuscita a districarmi abbastanza bene tra tombolate, cene con i numerosi parenti (naturali e acquisiti), capitoli di tesi, preparazione dei testi per il mio futuro sito (poluz, ce la faccio eh!), regali ricevuti e donati, e la gita per il capodanno trascorso a Roma. Ne siamo usciti indenni, anche se bisognosi di disintossicazione da panettone, zucchero a velo, pandoro, pampapato, tortellini, cotechino e purè.

Durante queste vacanze, devo dir la verità, c’è stato poco, pochissimo tempo dedicato agli svaghi mass-mediatici (libri e film, sia home-video che al cinema) — al contrario dell’anno scorso in cui ci eravamo spappati tutta la saga de Il Signore degli Anelli.

Quest’anno abbiamo visto (a casa) The Department, che io ho ri-apprezzato, avendolo già visto, e (al cinema) Il Cosmo sul Comò, di Aldo Giovanni & Giacomo — quest’ultimo, sinceramente una delusione. Sa di visto  e rivisto, trito e ritrito, solite battute, solite scenette da Mai dire Gol d’altri tempo. Anzi, peggio.

Io ho divorato in poco tempo Fido non si Fida, di Stefano Apuzzo e Edgar Meyer: un’ottima guida all’alimentazione di cani e gatti. O meglio, non una vera guida all’alimentazione — insomma, non è un libro che ti dice solamente che i gatti hanno bisogno di vitamina E e i cani di proteine.
Gli autori spiegano nel dettaglio, analizzando anche quanto riportato sull’etichetta di mangimi anche molto “famosi”, cosa c’è nel 90% mangimi che si trovano in commercio, e che molti proprietari comprano non sapendo assolutamente cosa ci sia dentro; e pensando, ad esempio, che farina di pollo, voglia dire farina di carne di pollo, e non zampe, becchi, occhi, intestini, fegato, e soprattutto polli morti… tutti disidratati, frullati, spezzettati e bolliti insieme.
Basti pensare che sotto questa etichetta ricadono molto spesso, oltre agli scarti di macellazione, anche rifiuti solidi urbani che siano stati bolliti per non meno di un’ora (Ordinanza Ministeriale, 10 maggio 1973); e che nei mangimi ci sono innumerevoli coloranti, aromi e conservanti che sono estremamente dannosi per la salute, nonchè completamente inutili.

lamiacucinaGrazie all’efficiente Ufficio Marketing di Quo Vadis, oggi ho ricevuto la mia agendina La Mia Cucina, un comodo strumento in cui potrò annotare ricette da provare, consigli di cucina, spunti, luoghi e ingredienti. Insomma, riuscirò finalmente a mettere ordine tra i miei paciughi! 🙂

Ho ricevuto l’agenda gentilmente in omaggio, e nei prossimi giorni o mesi (dipende da quanto ci metterò a riempirla) la recensirò su questo blog!

Leggo su Repubblica che proprio oggi è stato pubblicato sul British Medical Journal uno studio americano sulla diffusione della felicità nelle reti sociali di individui, a opera dei ricercatori Jamer Fowler e Nicolas Christakis.
I risultati di questo studio sono riassumibili in poche parole: una persona felice rende felice anche chi gli sta accanto. Bella scoperta, eh?!

Una persona che abbia un amico, parente o partner felice ha una probabilità di essere anch’egli soddisfatto più alta del 9 per cento rispetto alla media.

C’è un’importante “clausola”, però: la felicità, sempre secondo lo studio, viene trasmessa da persona a persona tramite la vicinanza fisica, il contatto, la prossimità. Sono solo due gli ambienti in cui questo non riesce ad avvenire, quello lavorativo e quello telematico.

Il primo costituisce una sorta di cuscinetto, una barriera attraverso la quale la mia felicità non viene trasmessa ai miei colleghi. Sarà per l’individualismo e la competizione che caratterizzano molti ambienti lavorativi? Purtroppo nello studio non viene fatta distinzione tra i vari tipi di lavori e ambienti in cui ci troviamo a interagire quando lavoriamo, ma sarebbe curioso provare a pensarci. In un ufficio dal clima sempre teso e competitivo, sicuramente la felicità fa fatica a trasmettersi tra colleghi, e probabilmente non viene neanche espressa.
Ma in un ambiente collaborativo, dove è importante il cosiddetto “lavoro di squadra”? Nemmeno qui si trasmette la felicità? Cioè non c’è spazio per rapporti umani veri, pieni e completi? Siamo seduti tutti i giorni accanto ai nostri colleghi ma in verità non ci interessa niente di loro, facciamo il nostro lavoro non vedendo l’ora di tornarcene a casa nostra?

L’altro ambiente in cui la felicità sembra impossibilitata a trasmettersi è quello di internet, dove negli ultimi anni sono spopolati universi di aggregazione di tutti i tipi, chat, forum, community e quant’altro. E allora anche qui non c’è spazio per la vera comunità? Internet è allora sono uno spazio in cui ci rifugiamo quando la vita reale, off-line, non ci sembra abbastanza, ma che in verità non ci dà niente di più? Nessun vero scambio reale, nessun rapporto?

A dicembre, finalmente, la mia vita universitaria finirà.

Not quite, si direbbe in inglese.
Dopo l’ennesimo incontro con la mia relatrice, abbiamo deciso (quasi) di comune accordo che il “mio” appello di laurea sarà il 26-27 febbraio 2009, slittando quindi avanti di un paio di mesi rispetto alla data preventivata inizialmente.

Gli aspetti da sviluppare sono tanti, Lei (la mia relatrice) vorrebbe farne un buon lavoro, giustamente, e L’Altra (la correlatrice) l’abbiamo appena avvertita del suo essere… correlatrice, appunto.
Avevamo avuto un po’ una discussione, io e Lei, sulla questione del correlatore, visto che quello che mi voleva appioppare Lei non sarebbe stato (per me) molto pertinente in quanto a materia. Alla fine sono riuscita a convincerla, e abbiamo comunemente scelto L’Altra. E ne sono contenta: io la conosco, lei conosce me, ho preso 30 al suo esame… insomma, tutt’un’altra atmosfera rispetto a quello proposto, che io non ho mai conosciuto, ma che è stato definito da Lei in persona: “molto bravo, ma anche molto pignolo e soprattutto estremamente antipatico”.

Si prosegue, insomma!

Sono le quattro di pomeriggio, la tradizionale ora della merenda di quando eravamo piccoli, di quando i compiti venivano interrotti per un sorso di latte, un pezzetto di ciambella o magari due biscotti — o, quando proprio andava bene e la mamma ci vedeva molto stanchi, un pezzettino di pane e quattro quadretti di cioccolata al latte.

Sono le quattro e faccio una pausa, perchè oggi la mia produttività è estremamente scarsa: sto scrivendo male e poco, mi distraggo e perdo il filo delle mie stesse parole.
Però ormai manca poco, si stringono i denti e si vede la fine! Sto riempiendo la mia relatrice di fogli di leggere e correggere, di domande sul titolo, di richieste di firme… tra circa un mese dovrò consegnare tutto in segreteria, i moduli, l’elaborato, il libretto. A dicembre, finalmente, la mia vita universitaria finirà. Vediamo cosa mi riserverà il dopo.
Intanto, di quello che ho fatto fino a qui sono contenta.

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